A rischio la libera informazione in Italia?
Apro un post per un promemoria, per tenerne traccia, per poi ritornarci e scrivere come la penso. E’ simpatico però appurare nel frattempo come i debunkers smentiti da Massimo Mazzucco, seguano sempre gli stessi schemi.
Giovanni
Messaggio a Zingaretti
DEBUNKERS: c’è posta per voi
YOUTUBE RIMUOVE IL TERZO VIDEO CONSECUTIVO DI BYOBLU: CHI C’È DIETRO? Claudio Messora
IL NUOVO SCONTRO DI CIVILTÀ È SULL‘INFORMAZIONE. …E inizia adesso! #Byoblu24





















In Ghana e Burkina Faso più libertà di stampa che in Italia




2020 World Press Freedom Index | Reporters Without Borders




Libertà di stampa nel mondo, Rsf: «In Italia pesa il numero di giornalisti sotto protezione»




Libertà di stampa: l’Italia sale di due posizioni. Pesa il numero dei giornalisti sotto scorta




SHADOW BANNING definizione
Shadow banning
Shadow banning, also called stealth banning, ghost banning or comment ghosting,[1] is the act of blocking or partially blocking a user or their content from an online community so that it will not be readily apparent to the user that they have been banned. For instance, shadow banned comments posted to a blog or media site will not be visible to other persons accessing that site from their computers.
By partly concealing, or making a user’s contributions invisible or less prominent to other members of the service, the hope may be that in the absence of reactions to their comments, the problematic or otherwise out-of-favour user will become bored or frustrated and leave the site, and that spammers and trolls will not create new accounts.[1][2][3]
Shadow ban
Shadow ban (letteralmente «ban ombra», chiamato anche shadow banning, stealth ban, ghost ban o comment ghosting) è un termine proveniente dalla lingua inglese, utilizzato per riferirsi ad un’azione di moderazione che consente di nascondere un determinato utente da una comunità online, oppure di rendere invisibili i contenuti da lui pubblicati ad altri utenti.
Si differenzia dal ban propriamente detto, in quanto l’account o il profilo dell’utente interessato non viene bandito e/o eliminato dalla piattaforma e i suoi contenuti non vengono cancellati, ma resi non fruibili dagli altri utenti o da una parte di essi, oppure non visualizzati nelle funzioni di ricerca e/o dai feed delle notizie in evidenza (ovvero i cosiddetti trending topics). Inoltre, a differenza del ban vero e proprio, all’utente interessato non viene solitamente notificata l’azione di moderazione intrapresa nei suoi confronti. Ne consegue che l’utente in questione ne rimane completamente all’oscuro e/o non si accorge dello shadow ban.
Sebbene esempi di pratiche simili siano individuabili già a partire dagli anni ’70 e ’80[1], lo shadow ban è entrato nel dibattito pubblico nel secondo decennio del XXI secolo, con il diffondersi di Internet e dei social network.
Ad oggi raramente i fornitori di servizi sospettati di adoperare questa pratica ne ammettono apertamente il loro utilizzo. Lo shadow ban è inoltre al centro di alcune teorie del complotto, secondo le quali chi diffonda in rete alcuni contenuti ritenuti scomodi venga spesso oscurato dai social media o dai motori di ricerca[2][1].
Mark Zuckerberg Confronted About Facebook Vaccine Questioning Censorship
L’accusa di complottismo: la “fallacia ad hominem” per screditare il dissenso




Benvenuti da Enrica Perucchietti giornalista e scrittrice




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